Campionato speranze

A cavallo tra luglio e agosto inizia il conto alla rovescia per l’inizio del campionato di hockey. In Ticino, come abitudine, i giocatori di Lugano e Ambrì Piotta si godono il primo bagno di folla.

Alla Resega già si sono potuti seguire i primi movimenti sul ghiaccio di una formazione che prova un’altra volta a rincorrere quel titolo che manca ormai dal 2006, la stagione che regalò l’ultima gioia ai tifosi e coincise anche con uno stop dettato da motivi inerenti le grosse irregolarità nel versamento degli stipendi (gran parte non dichiarati) che dettero probabilmente il vero stop a una situazione che era sfuggita dal controllo. Il Lugano ora ha costruito con maggiore equilibrio e si prepara a un altro campionato di vertice dal quale spera di cavare il massimo possibile. La rosa è prestigiosa, completata da arrivi di indubbia qualità. Il solo interrogativo riguarda semmai un allenatore, Greg Ireland, che ha alle spalle due esperienze a breve termine sulla panchina bianconera e che sarà stavolta confrontato con l’enorme pressione che monta con l’avvicinarsi dell’autunno e spesso crea esplosioni nell’avvicinarsi all’inverno. Se Ireland, confrontato con un pollaio ricco di galli, riuscirà a gestire il gruppo come ha dimostrato di saper fare nelle brevi esperienze post-stagionali, il Lugano potrebbe puntare davvero in alto.

Punta decisamente più in basso l’Ambrì Piotta. Alla Valascia, domenica c’era meno gente del solito alla presentazione, e anche i toni dell’entusiasmo erano contenuti. Si sa che sarà una stagione difficile. Condizionata da un ridimensionamento dettato dalla disastrosa stagione dalla quale si esce. Ci vorrà pazienza ma, soprattutto, lucidità. L’Ambrì va incontro a un campionato difficile (squadra giovane e inesperta) e a una scommessa ancora più difficile: una pista da costruire senza i soldi necessari e contro ogni logica (se costruita nella piana di Ambrì non potrà mai generare un reddito e non si finirà mai di pagarla). Luca Cereda sa il fatto suo ma ha bisogno di estrema fiducia da parte di tutto l’ambiente. La squadra è sì più ticinese, ma sarà poi da vedere quanti ticinesi potranno poi trovare un posto da titolare, poiché un campionato di LNA è tutt’altra cosa rispetto a quello di B (o playout che dir si voglia). Bisognerà lasciarsi sorprendere e sperare nel meglio. Del resto, peggio dell’annata scorsa si potrà mai fare?

PS: Magari Filippo Lombardi potrebbe chiedere un prestito a lungo termine (o vendere azioni con aggio) a Nino Niederreiter, che incasserà un paio di decine di milioni nei prossimi cinque anni, in NHL.

Ma il Galà non va urlato

Clima ideale, organizzazione all’altezza, punti di ristoro ben distribuiti. Il Galà dei Castelli aveva tutte le premesse per una serata di successo e la forte affluenza di pubblico ha contribuito al degno contorno. Sul piano sportivo non si poteva chiedere di meglio. Parecchie prestazioni di rilievo e i picchi del primato svizzero eguagliato da Mujinga Kambundji e la miglior prestazione mondiale dell’anno nel lancio del disco, grazie a Sandra Perkovic hanno assicurato anche il successo tecnico alla manifestazione, che di anno in anno acquisisce sempre più prestigio.

Sugli spalti del Comunale serpeggiava tuttavia una sorta di malcontento, di stizzito malessere. Dopo neanche mezz’ora che il meeting aveva preso avvio si concertava persino un’invasione di campo per vedere di mettere a tacere i due urlatori armati di microfono.

Spavaldi nelle loro inutili sottolineature a volume ben superiore a quello che dà fastidio al bagno pubblico o la sera durante i concerti, i due urlatori hanno tolto una delle componenti essenziali per chi segue con passione i gesti sportivi: l’emozione. Non hanno taciuto un attimo, gracchiando mentre i lanciatori lanciavano, i corridori correvano e i saltatori saltavano. Hanno tolto la magìa che dà il silenzio nel momento in cui l’atleta sta mettendo in atto la sua impresa (grande o piccola che sia), un silenzio che poi giustamente esplode nel giubilo o soffoca nel sospiro di delusione.

I due urlatori hanno tolto molto ai cinquemila del Comunale. Alla fine, i più in evidenza, con la loro esagerata presenza vocale, sono stati loro. Purtroppo.

Semplicemente Federer

Ne sono state dette e scritte tante in questi giorni in merito alla vittoria di Roger Federer a Wimbledon e, più in generale, sul suo ritorno in auge dopo un periodo di alti e bassi che aveva permesso ad altri di innalzarsi sulle vette del tennis mondiale. In particolare, più o meno tutti si sono soffermati sull’impossibilità di trovare nuovi aggettivi da affiancare al nome del campione basilese. Le iperboli si sono sprecate.

Scremando ben bene tra le definizioni che vogliono essere quelle assolute nell’intento dei vari autori delle sperticate lodi, si arriva tuttavia alla conclusione che Roger Federer non rappresenta altro che la semplicità. Un termine che racchiude in sé la facilità, la modestia (o umiltà) e, soprattutto, il divertimento.

Per cominciare è un atleta. Il che significa che ha capacità fisiche superiori alla media. Allenandosi le migliora ulteriormente. Poi ha talento. In generale. Sarebbe probabilmente riuscito in qualsiasi disciplina. Evidentemente ha scelto il tennis perché si è accorto che gli riusciva bene. Fisico superiore, allenamento e talento sono una miscela esplosiva. Usando la testa poteva dunque esplodere come sportivo. E usare la testa vuol dire rimanere umile. Continuare cioè ad allenarsi per mantenere il fisico superiore e sviluppare ulteriormente il talento, anche dopo che ti sei accorto di esplodere come sportivo. E tutto riesce perfettamente solo se ti diverti. Lui si diverte, si vede. Perciò diverte.

Quello che piace di Federer è la semplicità. Quando lo guardi giocare, anche seduto davanti alla tv, ti sembra che tutti i movimenti che faccia siano quelli giusti. Perché sono semplificati all’osso. Si muove in maniera naturale. La maggior parte degli altri numeri uno hanno un che di innaturale. A cominciare da quel rovescio a due mani che li fa contorcere. E per arrivare alla pallina devono correre quel metro di più. Che volta per volta diventano chilometri. E finiscono per rompersi.

Federer è tornato a stravincere perché continua a divertirsi e ha messo da parte la smania da record che lo aveva a sua volta logorato all’inizio di questo secondo decennio degli anni duemila.

Si diverte come nei primi anni dei suoi successi, quando si divertiva per spensierata gioventù. Ora si diverte per spensierata maturità. Si emoziona ed emoziona, piange ogni tanto e spesso gli viene da ridere. Insomma, uno semplice.

Risorse rinnovabili

La brillante idea dell’Ambrì Piotta di far chiedere, nelle tre principali lingue nazionali, a tre giocatori di battere cassa tra i tifosi per il finanziamento di un interessante tabellone led, da piazzare in pista, che dovrebbe in utima analisi servire a condizionale i tifosi stessi nei loro acquisti, potrebbe avere un seguito. Dovesse funzionare la curiosa richiesta, l’Hcap ha già in serbo altre geniali proposte di questo genere per i propri fedeli sostenitori. Eccole in esclusiva:

  • Partecipazione all’acquisto di tutta la merce inerente il settore della ristorazione e degli spacci di bibite, che poi saranno loro rivendute con la relativa maggiorazione di prezzo per finanziare il club
  • Partecipazione all’acquisto di colori e vernici per rinfrescare le pareti esterne della Valascia (lato nord) e degli interni (corridoi sotto la tribuna principale, zone vip e buvette). Gradito sarà anche il contributo attivo con pennelli e rulli vari.
  • Finanziamento diretto per la revisione e/o sostituzione di televisori, poltrone e divani nei settori riservati alla ricreazione e al riposo dei giocatori
  • Settimanale pulizia interna delle vetture di rappresentanza dello staff amministrativo
  • Libera offerta di case e appartamenti per giocatori e staff tecnico
  • Noleggio di torpedoni per le trasferte della squadra
  • Noleggio di pullman e pullmini per il settore giovanile (strettamente in esclusiva per genitori e parenti dei giocatori di questo settore)
  • Naturalmente, rimane sempre aperta l’opzione di finanziare la nuova pista sul sedime dell’aeroporto con la relativa assunzione delle spese di mantenimento e della responsabilità diretta in caso di fallimento del progetto

In cambio il club offrirà:

  • nomina a socio onorario (senza potere decisionale)

  • un chilo di caffè macinato per preparazione “alla turca”

  • eterna gratitudine

PS: Rimane sottinteso che il tifoso continuerà a farsi carico dell’acquisto di biglietti e/o tessere stagionali d’entrata alla pista per le partite (senza maggiorazione di prezzo)

I tempi del Villaggio

Ill.mo, Spett.le Lup. Mann., Direttore generale,

(…) Questa settimana mi è successo un fatto che Le voglio raccontare perché Ci darà (a Lei Sig. Direttore) un’idea di quanto siano diversi da come li descrivono i “sovversivi rossi” gli Spett.li Sigg.ri Dirigenti, e come siano giudicati ingiustamente ed erroneamente. (…) Giovedì scorso sono dovuto andare a Milano per conto della mia Società. (…) Giovedì sera sono ripartito dalla stazione Centrale in una cuccetta di 6.a classe per impiegati. (…) Eravamo in 9 nello stesso scompartimento. (…) Alle 3 di notte sono uscito nel corridoio. (…) Mi avventurai allora lungo il treno e scoprii un mondo meraviglioso. Passai al buio per un vagone ristorante clamoroso, con le poltrone di cuoio e ancora pieno di odori che mi facevano quasi perdere i sensi. E arrivai al silenzio pieno di moquettes arabescate di un magnifico vagone letto. Da quella moquette emanava una tale sensazione di pulito che io mi lasciai andare giù lentamente,

Mi svegliò alle 6 e 40 del mattino il conducente che scambiandomi per un cliente ricchissimo ma sofferente di claustrofobia, mmi rovesciò in gola un caffè a 5’000 gradi Fahrenheit! Lo sfrigolio sinistro e l’odore di bruciaticcio svegliarono anche altri potenti che dormivano nelle loro alcove. Ed eccoli che cominciavano ad uscir fuori in corridoio profumati come ballerine turche, con i visi gonfi come pugili e con gli abiti fetidi come barboni. (…)

Parlavano di vacanze: “Non si sa più dove andare: Riccione, Viareggio, la Riviera un vomito. Ovunque gente oscena!”. Io ci rimasi male perché capii che al solito sbagliavo tutto, io che da 2 anni mettevo da parte i soldi per portare mia moglie e mia figlia sulla costa adriatica. Avevano le famiglie a Gstaad in Svizzera, un posto che non conoscevo “per tener lontani almeno loro da tutto questo schifo che è l’Italia”. Io per un attimo mi permisi di pensare che in fondo è l’Italia che avevano costruito loro, la classe dirigente, ma non mi sentii di insistere troppo.

Io li guardavo sempre ammirato quando il treno entrò lentamente in Termini. Sulla banchina c’era una lunga striscia di braccianti calabresi che venivano dalla Svizzera per timore del Referendum. (…)

Gli emigranti erano seduti sulle loro tremende valigie di cartone tenute chiuse con gli spaghi. Avevvano le facce magre e scure, marmorizzate in un dignitoso dolore. Eravamo tutti al finestrino. Il Megadirettore disse: “È stato un anno terribile”. “Per chi?”, domandò trillando il Sig, Direttore Generale. Ma come per chi? Mi permisi di pensare io, non vedi come sono ridotti questi poveretti? E il Sig. Megapresidente; “Perché non abbiamo mai avuto a Gstaad una neve così farinosa!”.

Da Le lettere di Fantozzi, di Paolo Villaggio (Rizzoli, 1976)

PS: Se n’è andato un genio, uno davvero un passo avanti. Il tempo gli si è fermato, ma i tempi non cambiano poi come si dice.