C’è da salvarsi e poi ripensare

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Questo finesettimana inizia la lotta-salvezza per tre delle quattro squadre ticinesi giovanili delle categorie élite, Juniores (U20) e Novizi (U17).

Tra i più grandi, Lugano e Ambrì Piotta, terminata la stagione regolare al penultimo e ultimo rango, rispettivamente, se la giocheranno con Friborgo e Langnau per sfuggire all’ultimo posto, che manderà allo spareggio con chi vincerà i playoff degli Elite B (probabilmente il Rapperswil).

La situazione in questo caso è abbastanza chiara. Benché i punti conquistati siano stati dimezzati, le due compagini ticinesi non potranno sfuggire a un duello per l’ultimo rango. In effetti, il Lugano ha 13 punti e l’Ambrì Piotta 11. Ce ne sono 18 in palio e il distacco dal terz’ultimo (Langnau) è di, rispettivamente, 12 e 14 lunghezze.

Nella categoria Novizi, a giocare per salvare la categoria (riconquistata appena un anno fa) sarà l’Ambrì Piotta, che ha chiuso al penultimo rango la stagione regolare. Una posizione che permette comunque ai giovani biancoblù di affrontare il torneo di promozione-relegazione (con i Gck Lions, ultimi, e due squadre dei Novizi Top) partendo con un bottino di 4 punti, mentre le altre tre squadre partiranno da 0. Certamente un vantaggio, ma attenzione che, lo scorso anno, a partire con 4 punti fu il La Chaux-de-Fonds, che alla fine fu superato da Ambrì e Gck Lions, promossi a scapito dei neocastellani e dell’Oberthurgau. Una delle squadre da affrontare sarà proprio il La Chaux-de-Fonds.

Considerando che i Novizi Elite del Lugano hanno chiuso all’undicesimo rango su 14 squadre, appare chiaro che l’hockey giovanile ticinese d’èlite sta conoscendo un momento critico. C’è sicuramente un fattore determinato dalle annate – alcune sono più o meno buone di altre – ma nei casi in questione se ne coprono ben cinque (giocatori nati dal 1997 al 2001) e allora c’è forse da riflettere se il lavoro, negli ultimi anni sia stato svolto con puntualità e conseguenza.

Si tornerà certo a parlare di riunire i settori giovanili a livello di categorie Juniores e Novizi, ma non sarebbe probabilmente una soluzione. Forsee si dovrebbe invece curare maggiormente il serbatoio che porta a queste due categorie (considerando anche i club minori), perché di ragazzini che giocano a hockey ce ne sono sempre di più, ma se ne perdono troppi per strada per scelte a volte lacunose e a volte, purtroppo, umorali. E, non da ultimo, per piccoli sgarbi tra allenatori.

Più che rimasti unici, valori perduti

Nella sua penitenza, in cui piange lacrime di coccodrillo dopo un’indigestione di frasi vuote e promesse vane, il presidente dell’Ambrì Piotta invita chi sta attorno alla società a unirsi per difenderla “nei suoi valori ormai rimasti quasi unici nel mondo dello sport moderno”.

Quali siano i valori rimasti unici nella storia dello sport moderno in seno all’HCAP è piuttosto difficile da stabilire. Praticamente impossibile.

In verità, l’Ambrì i suoi valori li ha persi da tempo. Gli sono stati frantumati dalla sconsiderata gestione politico-finanziaria del club. La rinuncia graduale a una formazione di qualità, per favorire operazioni di mercato scellerate, ne è l’esempio più lampante. Ad Ambrì si è pronti a calare le braghe di fronte a giocatori mediocri, scaricati altrove, offrendo contratti al di sopra delle possibilità della società e delle capacità dei giocatori stessi, per convincerli a difendere la maglia di una squadra di cui in fin dei conti a loro importa poco (a meno che non stia per scadere il contratto). Per convincerli a sposare un progetto inesistente e a sobbarcarsi un centinaio di chilometri al giorno in auto per gli allenamenti. Perché son ben pochi quelli che si adattano a vivere in Valle e chi non si cala fino a Bellinzona, abita magari anche al di là del Gottardo. Questo toglie un altro velo di valore, che era quello dell’identificazione geografica. Quella locale, che fa capire “i valori” anche a chi non parla la lingua.

Appare palese a chiunque che, in Ticino, i presidenti delle società sportive parlano troppo. Si sovraespongono, anche perché sovente sono tifosi annebbiati più che dirigenti oculati. Ci sono momenti poi nei quali sarebbe meglio tacere e cercare di salvare il salvabile cementando quel che sta all’interno dello spogliatoio e della società, senza tirare in ballo mezzo mondo, cercando di mimetizzarvici dentro.

Questo senza nulla togliere agli sforzi personali, lodevoli, ma che andrebbero indirizzati meglio.

Quel simpatico antipatico

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Zdenek Zeman è uno di quei personaggi fuori dal coro, ma che fanno epoca per la loro intelligenza acuta. Fa l’allenatore e l’altro giorno si è lasciato convincere a tornare su una panchina italiana di Serie A, a Pescara. Ci era già stato qualche anno fa, portando la squadra alla promozione dalla B e lanciando gente come Verratti, Immobile e Insigne, così per dire. L’hanno richiamato perché sono ultimi in A e vogliono rilanciare il progetto. Pronti, via e cinque a zero al Genoa. Che sarà pure in crisi, ma 5-0. È già un segnale.

Zeman è passato anche dal Ticino, la scorsa stagione, portando il Lugano alla salvezza e alla finale di Coppa. Ha lasciato il segno sul campo e anche nello scintillante mondo del giornalismo sportivo ticinese. Acuto e ironico, poco disposto alle conversazioni insulse, non ha mai perso occasione per tenere al loro posto chi doveva starci. E, naturalmente, ha sollevato l’indignazione e l’offesa tra quanti si credono superiori allo stesso sgabello sul quale dovrebbero star seduti e invece vogliono salirci in piedi.

Ben attenti a non criticarlo faccia a faccia quando era a Lugano, questi prodi si sono scatenati una volta saputo che se ne sarebbe andato. Lo hanno preso in giro coraggiosamente, gli hanno dato del maleducato presuntuoso. Hanno elevato il suo successore Andrea Manzo a gentiluomo (che ha dato di matto ed è stato squalificato) e allenatore senza pari (ma è già stato licenziato). A prescindere dal fatto che Manzo è una brava persona e un buon allenatore, quelli erano solo tentativi di sminuire il suo predecessore.

Il quale Zeman si ripresenta ora da lontano con un risultato sonante e sorprendente. Che magari sarà isolato, ma dà già fastidio al punto da scrivere da qua che non ci sono meriti, ma solo demeriti degli avversari.

E anche se, come dice lo stesso boemo “Non c’è nulla di male a essere ultimi se lo si è con dignità”, io spero che il Pescara si salvi. Così. Per simpatia dello Zeman “antipatico” a chi lui punzecchia. Per simpatia sua e di tutti quegli altri, i Boskov, i Bagnoli, i Del Curto che dir si voglia.

Se sbagliando si imparasse

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Il disastroso finesettimana dell’Ambrì Piotta, da zero gol all’attivo e dodici al passivo, non dovrebbe sorprendere più di tanto. Guardando bene la cosa non è altro che il perfetto corollario di una gestione scallerata del club che va avanti da anni.

Fallito l’accesso ai playoff nel 2007, un anno dopo aver sfiorato l’impresa di eliminare nei quarti di finale il Lugano poi diventato campione, in Leventina si è cominciata a perdere di vista la realtà per inseguire i sogni di gloria. Senza stare ad elencare la lunga sequela di allenatori che si sono succeduti alla transenna, si è continuamente cambiata rotta nel tentativo di tornare a lottare (formalmente) per il titolo, prerdendo di vista peculiarità e possibilità reali. Spendendo oltre le possibilità, anche e soprattutto dopo l’avvento del tifosissimo presidente Lombardi, l’Hcap ha rischiato ogni anni di saltare per aria, raddizzando la baracca spesso usando i fondi per la stagione entrante per coprire i costi di quella uscente. Il tutto operando senza criterio sul mercato e lasciando miseramente andare a male il settore giovanile. Il tutto promettendo puntualmente mari e monti.

L’illusoria partecipazione alla fase finale, qualche anno fa – grazie all’allestimento di una squadra competitiva immediatamente smontata per eccesso di costi – ha aggravato la sindrome spingendo i dirigenti a pensare di aver trovato la via per risalire. Così, avanti a sbagliare in tutta allegria, cercando di tamponare alzando prezzi e offrendo sempre meno. Soprattutto ai giovani del proprio vivaio. Che nel frattempo si è assotigliato di numeri e talento. Così che, mentre la prima squadra rischia fortemente la retrocessione in Lega Nazionale B, lo stesso stanno facendo le due squadre di punta della Ambrì Piotta Giovani Sagl, Juniores e Novizi nelle rispettive categorie élite.

Con lo sguardo sempre rivolto a una nuova pista che rischia di non servire a nessuno, a questa stregua, Ad Ambrì si continua a sbagliare e a non imparare dai propri errori. Va bene essere un po’ tifosi, ma essere anche ciechi è pericoloso. Gordie Dwyer è caduto dalla padella di Zagabria nella brace di Ambrì. Durante il derby di sabato, colto dalle telecamere, dava l’impressione di essere uno che non volesse essere lì. La scelta di portarlo in Leventina sarà verosimilmente l’ennesima soluzione provvisoria e inutile. Al punto che arrivato il suo assistente di fiducia tutto ha preso a crollare. Non ha colpe lui, come non ne aveva Kossmann. Le colpe stanno, un’altra volta, nel raccontare e raccontarsi bugie.

Viva la Branda Caprara

È sera. Me ne passeggio solo per la città, la mia, Bellinzona. Che fra un po’ sarà la Grande. Quasi come Lugano. A testa bassa, tutto pensante. Bam, finisco addosso a un muro che fino a ieri non stava lì. Alzo la testa. Me la gratto anche, per fortuna avevo il berretto. Non è un muro, è una recinzione. Mi son detto, dato che ero nei paraggi, che ci sarà un altro processo al al Tribunale federale, contro qualche simpatizzante dell’Isis. Poi improvvisamente l’illuminazione: arriva il carnevale.

Ma che bello, chiudono la città. Al centro, là dove ci sono le sole cose da vedere per chi viene da fuori. Chi viene da fuori, però, viene solo per delinquere. Altrimenti perché chiudere? Quelli che son dentro invece no. D’altro canto hanno inventato anche un’associazione per impedire che anche la musica oltrepassi i confini.

Allora chiudiamo. Giustamente. D’altro canto il carnevale è presieduto da uno che è anche presidente del partito più grosso e il sindaco è un illuminato socialista. Se ritengono loro che è meglio chiudere e far pagare l’entrata a chi entra e in più perquisirlo per bene. Che si sa, le armi vengono da fuori. Dentro è tutto un fiorire di pacifisti.

Siamo proprio una città illuminata, che poi tutti quelli che vengono da fuori comune li facciamo venire gratis. Mentre i domiciliati gratis niente, tranne guardare da fuori aggrappati alle ramine. Se non vogliono pagare o non abitano entro i regi confini. Chissà come faranno nella grande Bellinzona a far valere la stessa legge in ogni quartiere? Ma che sciocco, la legge già non è uguale in ogni quartiere.

E tutti quelli che reclamano, che dicono che è fuorilegge affittare a costo zero lo spazio pubblico a un privato che poi invece fa pagare affitti salatissimi per una settimana e fa pagare anche l’entrata. Tutti quelli dovrebbero stare al passo coi tempi. Ma guardatevi attorno insulsi sinistroidi. Non vorrete mica che la Svizzera venga invasa da un’orda di rifugiati che scappano da una guerra che hanno scatenato loro. Non vorrete mica che gli Stati Uniti, il grande paese del sogno e della libertà venga invaso da quegli scansafatiche e delinquenti di messicani.

Se Donald Trump arriva a fare il muro al confine con il Messico, perché non dovrebbero fare altrettanto i nostri eroi a carnevale, con tutti quei deficienti che vogliono solo divertirsi.

W la Banda Trump. W la Branda Caprara.

Incredibile Ulicar

Con passo alternato alla Garrincha entravi in redazione per le tue infinite liti con il computer, dal quale di tanto in tanto spariva il tuo lavoro di una mezza giornata. Più che altro finiva in qualche posto strano, come nello spazio riservato al corpo dei caratteri. Ma imperterrito avevi ormai deciso che la macchina per scrivere era roba da vecchi e insistevi per imparare. Sempre e ancora anche dopo gli ottanta. Cercavi aiuto solo alla disperazione, evitavi di chiedere a me sbuffante, rivolgendoti a chi veniva di buon grado per poi ridacchiarti alle spalle.

Non eri un tipo facile, ma sapevi scegliere con intelligenza. La piaggeria ti faceva un po’ schifo nei due sensi di marcia, perciò ti sceglievi con cura gli amici e diffidavi di quelli troppo sorridenti. Nei tempi migliori della Nostra redazione eri fra i rivoluzionari e vedevi certamente più lontano di chi poi ha avuto i gradi del comando, dai caponi ai capetti. Più giornalista nell’anima che pur quotato funzionario delle poste dalla parte della carriera, hai cercato con insistenza il neologismo, intricandoti nei meandri dei vocabolari.

Inutile star qui a piangerci su, che abbiamo fatto un gran ridere. Incredibile Ulicar.

La scommessa vinta

header2La scommessa Ticino Rockets, il sostegno cadetto in comune tra Ambrì Piotta e Lugano, è stata vinta. Il Biasca, dopo le difficoltà iniziali, ha portato a termine un campionato in crescendo, al penultimo posto, che non è poco considerando che si è lasciato alle spalle il farm team dei Lions, il Grasshoppers-Küsnacht, ossia il progetto (pioniere a livello svizzero) al quale si sono ispirati i dirigenti ticinesi per mettere in piedi i Rockets.

Luca Cereda, giovanissimo allenatore (36 anni) che si afferma anno dopo anno, ha lavorato con pazienza e qualità, amalgamando un bel gruppo con i reduci dalla promozione dalla Prima Lega conquistata sul campo l’anno scorso e con i giocatori usciti dai settori giovanili di Ambrì e Lugano e infine quelli messi a disposizione dagli stessi club. Tanto più merito per i risultati ottenuti (nell’ultima giornata si è per esempio portato ai prolungamenti il Langenthal vincitore della stagione regolare) è dato dal fatto che il Biasca non ha schierato giocatori stranieri, unica realtà del genere in campionato.

La formazione in Ticino ha dunque il suo sbocco finale che funziona e questa è una bella notizia, poiché l’opportunità di giocare in LNB al termine del percorso giovanile diventa difficile se si cerca un posto oltre Gottardo. In questa stagione ci sono stati giovani che hanno fatto la spola tra la A e la B praticamente solo per quanto concerne il Lugano (Riva, Fazzini, Ronchetti…), benché i Rockets siano a maggioranza di partecipazione leventinese. Ma questa è una situazione inevitabile che affonda le radici nello sbando in cui è stato lasciato per troppi anni il settore giovanile dell’Ambrì Piotta, che finisce curiosamente per applicarsi nell’assicurare lo sbocco per una realtà che andando avanti così rischia di perdersi nel nulla.

Spesso, il presidente dei Rockets Davide Mottis si è lamentato per lo scarso afflusso di pubblico alla pista di Biasca, che costituisce di fatto il solo neo nella concretizzazione di questo progetto. Forse, pur comprendendo le argomentazioni, bisognerebbe abbassare un po’ i prezzi di entrata alla pista, perché va bene che bisogna sostenere i giovani ma non sono tutti dottori, avvocati o imprenditori. Il Biasca ha inoltre quasi costantemente la c oncorrenza diretta di Ambrì e Lugano nelle sere delle partite e il potenziale di chi va allo stadiosceglie fra queste altre due opzioni. Magari, accontentandosi intascare un po’ meno ci sarebbe qualche presenza in più a sostenere la causa dei Rockets anche in pista. E, come si dice, anche l’economia girerebbe di più.

La Wil formula che uccide

altre-foto-tel-007E così anche i turchi sono scappati. Lasciando terra bruciata, cioè una situazione insostenibile. Si parla di calcio, di Challenge League, del Wil. Il miliardario Mehmet Nazif Günal, visto che non c’è stata promozione la scorsa stagione, difficilmente sfuggirà allo Zurigo quest’anno e che la politica frena inesorabilmente il suo progetto di uno stadio in grande stile, ha deciso che ha investito abbastanza in questa avventura e ha smesso di cacciare soldi. Il risultato è che la quarta forza del campionato cadetto, la sedicesima in campo nazionale, deve ridimensionarsi immediatamente e potrebbe anche sparire dalla realtà di Lega Nazionale prima ancora che finisca la corrente stagione.

È l’ennesima sconfitta della formula di eccellenza voluta dalle alte sfere del calcio svizzero, che è già costata fallimenti e ripartenze dalle retrovie di buona parte delle società che hanno contribuito a farne la storia. Il Wil non è certo uno di questi esempi, e curiosamente è proprio una di quelle squadre che hanno approfittato del caos provocato dalla drastica riduzione delle squadre di Lega Nazionale (dieci in Super e dieci in Challenge League) voluta da un manipolo di megalomani e appoggiata da una banda di scriteriati.

Il tutto risale a riforme imposte in vista dell’Euro 2008, che ha comportato una serie di esigenze di base troppo severe per l’ottanta percento dei club svizzeri. Così, se ci si ritrova da una parte con un Basilea (sorretto dalla potentissima industria farmaceutica) che ogni tanto si illumina un po’ in campo europeo, dall’altra ci sono le altre società che vivono situazioni che vanno dalla discrezione al disastro.

La periferia è sempre più penalizzata, il reclutamento di giovani si fa difficile poiché la formazione è sempre più ridotta da una cinica e per nulla lungimirante selezione precoce dei talenti e così nascono delle realtà costose e finalmente poco produttive (e produttive per pochi) come da noi il Team Ticino.

La situazione che sta vivendo il Wil è solamente un altro esempio dello scempio che sta compiendo l’indirizzo dato al calcio professionistico in Svizzera. E il continuo sventolare i risultati della Nazionale – che peraltro non hanno ancora mai raggiunto l’eccellenza – non è altro che un voler nascondere il vero problema. Che, semplicemente, è la megalomania di pochi per la desolazione di molti. Il fatto stesso che lo Zurigo e il Servette siano in B e il Grasshoppers arranchi al piano di sopra dovrebbe essere abbastanza esplicativo di una realtà dove è necessario spendere molto più di quel che si incassa per rimanere sportivamente a galla. I tre sodalizi di cui sopra sono stati tra i più vincenti nella storia. E fino a pochi anni or sono.

Il coccodrillo come fa

Nel gergo giornalistico, è detto coccodrillo un necrologio che si prepara con anticipo, in modo da esser pronti a pubblicarlo al sopraggiungimento della morte del soggetto in questione. Una celebrazione un po’ cinica per poi piangere le famose lacrime del rettile sopra citato al momento della pubblicazione.

In questo caso, il soggetto in questione è una squadra, e il coccodrillo è stato pubblicato ante mortem da una testata locale. Si tratta del Leicester, campione d’Inghilterra in carica e attualmente nelle parti basse della classifica di Premier League. Il Leicester ha compiuto un’impresa vincendo il campionato la scorsa stagione, ridando ossigeno ai cuori degli appassionati di calcio, ma ora arranca un po’ in campionato. Un campionato inglese definito dall’articolo in questione “pesantemente ridimensionato”.

Pesantemente al punto che conta ancora tre squadre in lizza negli ottavi di finale della Champions League (come la Germania, una in meno della Spagna). E fra queste tre, guarda un po’, c’è anche il Leicester, che magari la favola, il sogno o semplicemente la sua storia sportiva, la sta ancora portando avanti con dignità. La stessa dimostrata da Ranieri, nel momento in cui era celebratissimo alla fine della scorsa primavera. Lo scafato tecnico romano aveva ammonito: “Adesso siamo qui a festeggiare, ma dovremo essere pronti al fatto che la prossima stagione saremo nella seconda metà della classifica”.

Che il Leicester avanzi o esca in Champions League, che Ranieri mantenga o meno il suo posto, quel che hanno portato a compimento insieme rimarrà immortale. Alla faccia dei coccodrilli con scarsi argomenti.

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Quo Vadis?

Nonostante alcune testimonianze strombazzanti, come nel costume che va prendendo piede, il finesettimana con derby di Lugano e Ambrì Piotta nuovo corso non ha portato alunché di nuovo. Tre punti per ciascuna delle due squadre e ben poche certezze. L’Ambri Piotta ha vinto un derby molto tirato e di scarsa qualità tecnica, che sarebbe potuto andare anche diversamente con quel gol non concesso agli avversari. E il giorno dopo ha perso a Davos, come nella normalità delle cose. Quanto al Lugano, ha recuperato i tre punti lasciati miseramente in Leventina, battendo uno Zugo che non è al momento all’apice della forma.

In ottica dei rispettivi obiettivi, per il Lugano il weekend non ha tolto l’affanno nella ricerca dei playoff (anzi i bianconeri hanno perso un punto nei confronti del Langnau, primo inseguitore a meno 6 con una partita da recuperare); per l’Ambrì un solo punto recuperato sul miraggio della decima posizione, che rimane a più 8.

C’è un altro fattore preoccupante, costituito, un po’ più sotto, dalle continue controprestazioni del Bellinzona, che sta compromettendo la scalata alla Super Prima Lega, nuova terza categoria unica che partirà la prossima stagione. E ad essere compromessa sarà anche la scala diretta nel progetto Ticino Rockets, poiché verrà a mancare l’appoggio della categoria immediatamente sotto la LNB, necessaria per lo scambio di giocatori fra partner team.

La sola vera novità nel weekend hockeistico a Sud delle Alpi, è stata l’illuminata presenza di un pornoattore domenica alla Resega, che la dice lunga su quale direzione stiano andando le cose. Come si dice, va tutto a peripatetiche.

Per fortuna, a fare da contraltare, è arrivata la (poco celebrata e pubblicizzata) conquista della Coppa Svizzera da parte delle Ladies (loro sì) del Lugano.