Ma il Galà non va urlato

Clima ideale, organizzazione all’altezza, punti di ristoro ben distribuiti. Il Galà dei Castelli aveva tutte le premesse per una serata di successo e la forte affluenza di pubblico ha contribuito al degno contorno. Sul piano sportivo non si poteva chiedere di meglio. Parecchie prestazioni di rilievo e i picchi del primato svizzero eguagliato da Mujinga Kambundji e la miglior prestazione mondiale dell’anno nel lancio del disco, grazie a Sandra Perkovic hanno assicurato anche il successo tecnico alla manifestazione, che di anno in anno acquisisce sempre più prestigio.

Sugli spalti del Comunale serpeggiava tuttavia una sorta di malcontento, di stizzito malessere. Dopo neanche mezz’ora che il meeting aveva preso avvio si concertava persino un’invasione di campo per vedere di mettere a tacere i due urlatori armati di microfono.

Spavaldi nelle loro inutili sottolineature a volume ben superiore a quello che dà fastidio al bagno pubblico o la sera durante i concerti, i due urlatori hanno tolto una delle componenti essenziali per chi segue con passione i gesti sportivi: l’emozione. Non hanno taciuto un attimo, gracchiando mentre i lanciatori lanciavano, i corridori correvano e i saltatori saltavano. Hanno tolto la magìa che dà il silenzio nel momento in cui l’atleta sta mettendo in atto la sua impresa (grande o piccola che sia), un silenzio che poi giustamente esplode nel giubilo o soffoca nel sospiro di delusione.

I due urlatori hanno tolto molto ai cinquemila del Comunale. Alla fine, i più in evidenza, con la loro esagerata presenza vocale, sono stati loro. Purtroppo.

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