I tempi del Villaggio

Ill.mo, Spett.le Lup. Mann., Direttore generale,

(…) Questa settimana mi è successo un fatto che Le voglio raccontare perché Ci darà (a Lei Sig. Direttore) un’idea di quanto siano diversi da come li descrivono i “sovversivi rossi” gli Spett.li Sigg.ri Dirigenti, e come siano giudicati ingiustamente ed erroneamente. (…) Giovedì scorso sono dovuto andare a Milano per conto della mia Società. (…) Giovedì sera sono ripartito dalla stazione Centrale in una cuccetta di 6.a classe per impiegati. (…) Eravamo in 9 nello stesso scompartimento. (…) Alle 3 di notte sono uscito nel corridoio. (…) Mi avventurai allora lungo il treno e scoprii un mondo meraviglioso. Passai al buio per un vagone ristorante clamoroso, con le poltrone di cuoio e ancora pieno di odori che mi facevano quasi perdere i sensi. E arrivai al silenzio pieno di moquettes arabescate di un magnifico vagone letto. Da quella moquette emanava una tale sensazione di pulito che io mi lasciai andare giù lentamente,

Mi svegliò alle 6 e 40 del mattino il conducente che scambiandomi per un cliente ricchissimo ma sofferente di claustrofobia, mmi rovesciò in gola un caffè a 5’000 gradi Fahrenheit! Lo sfrigolio sinistro e l’odore di bruciaticcio svegliarono anche altri potenti che dormivano nelle loro alcove. Ed eccoli che cominciavano ad uscir fuori in corridoio profumati come ballerine turche, con i visi gonfi come pugili e con gli abiti fetidi come barboni. (…)

Parlavano di vacanze: “Non si sa più dove andare: Riccione, Viareggio, la Riviera un vomito. Ovunque gente oscena!”. Io ci rimasi male perché capii che al solito sbagliavo tutto, io che da 2 anni mettevo da parte i soldi per portare mia moglie e mia figlia sulla costa adriatica. Avevano le famiglie a Gstaad in Svizzera, un posto che non conoscevo “per tener lontani almeno loro da tutto questo schifo che è l’Italia”. Io per un attimo mi permisi di pensare che in fondo è l’Italia che avevano costruito loro, la classe dirigente, ma non mi sentii di insistere troppo.

Io li guardavo sempre ammirato quando il treno entrò lentamente in Termini. Sulla banchina c’era una lunga striscia di braccianti calabresi che venivano dalla Svizzera per timore del Referendum. (…)

Gli emigranti erano seduti sulle loro tremende valigie di cartone tenute chiuse con gli spaghi. Avevvano le facce magre e scure, marmorizzate in un dignitoso dolore. Eravamo tutti al finestrino. Il Megadirettore disse: “È stato un anno terribile”. “Per chi?”, domandò trillando il Sig, Direttore Generale. Ma come per chi? Mi permisi di pensare io, non vedi come sono ridotti questi poveretti? E il Sig. Megapresidente; “Perché non abbiamo mai avuto a Gstaad una neve così farinosa!”.

Da Le lettere di Fantozzi, di Paolo Villaggio (Rizzoli, 1976)

PS: Se n’è andato un genio, uno davvero un passo avanti. Il tempo gli si è fermato, ma i tempi non cambiano poi come si dice.

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