Uomini, identità e identificazione

Il Berna che diventa campione, l’Ambrì che cambia direttore sportivo, nell’hockey; il Basilea che cambia politica societaria per rilanciare il progetto nel suo insieme, nel calcio. Tre notizie degli ultimi giorni che hanno avuto quale comune denominatore l’identità e l’identificazione.

Il primo in ordine cronologico è il Basilea, che domina incontrastato la scena nazionale ma che ha perso un po’ di smalto sul piano internazionale. Allora si decide di cambiare qualcosa. E, mantenendo alti gli investimenti, si punta sull’identificazione nel club, nella maglia. Il progetto del rilancio è affidato a tre ex giocatori (Marco Streller, Massimo Ceccaroni e Alex Frei), che alla prima uscita pubblica annunciano che non si andrà avanti con l’allenatore zurighese Urs Fischer, e si punterà sul ritrovare una continuità tra il settore giovanile e la prima squadra. Insomma, si cercherà di ricominciare a produrre e lanciare i talenti in casa. Cosa un po’ abbandonata ultimamente. Il campionato svizzero è stantìo e qualcos’altro andrebbe cambiato, a cominciare magari dall’aumentare il numero di squadre.

Che è superiore persino nel campionato di hockey, che ha una base ben più ridotta, ma che dà più spazio ai giocatori svizzeri. Il Berna, come il Basilea, è la squadra che investe di più. Lo SCB genera una cifra d’affari che si aggira sui 60 milioni di franchi, compreso il controllo di tutti i ristoranti e spacci nello stadio e attorno allo stadio dell’Allmend. Più di un terzo di questi soldi vengono investiti nella prima squadra e nella formazione. In questa stagione, ancor più che nella precedente che pure era sfociata nel titolo, un elemento apparso determinante è stato quello dell’identificazione dei giocatori nel progetto Berna. L’amalgama tra elementi di provata esperienza e giovani scaturiti dal vivaio ha funzionato al meglio. Probabilmente è anche frutto della coesione nata nel finale della passata stagione quando, dopo un campionato di basso profilo, gli Orsi hanno proposto dei playoff di alto rango, centrando il primo titolo per una squadra terminata ottava nella stagione regolare, e con un minimo ruolo rivestito dall’allenatore che li ha traghettati nel finale, Lars Leuenberger. Aver poi portato due tecnici di prestigio e personalità, quali Kari Jalonen e Ville Peltonen, ha poi ulteriormente fatto crescere un gruppo che non ha perso un colpo.

Infine l’Ambrì che, come era filtrato qualche settimana fa, ha fatto del capitano Paolo Duca il nuovo direttore sportivo. Duca prende il posto di Ivano Zanatta (seconda vittima del fallimento stagionale, dopo Hans Kossmann) con il compito di riportare identità e identificazione nell’Ambrì e attorno all’Ambrì. Ci vuole. La figura è certamente quella giusta, ma forse si è caricato il neo d.s. di troppe incombenze. Che sono le stesse affidate due anni or sono al suo predecessore, ossia gestione della prima squadra, del progetto Biasca Ticino Rockets, degli Juniores élite e di tutto il settore giovanile. Con il risultato che, alla prima difficoltà, Zanatta ha dovuto praticamente lasciar perdere gli Juniores e il settore giovanile. E, certamente, pur con tutti gli scongiuri del caso, non è che l’Ambrì di problemi non ne avrà più.

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