E se fosse davvero tempo di scendere?

Fra meno di una settimana, andrà a concludersi l’annata contabile delle società di hockey. Vale a dire che la stagione 2017-18 inizierà ufficialmente il primo maggio. L’Ambrì Piotta ha purtroppo appena concluso l’esercizio sportivo 2016-17, così che i tempi sono stretti. Tanto più che avere conquistato la salvezza solo a metà aprile ha ulteriormente complicato le cose.

Nella situazione di terrore in cui si era venuta a trovare la società (l’odore di retrocessione stavolta era fortissimo) ci si è sbilanciati a dire che in caso di salvezza si sarebbe voltata pagina. “Ci metteremo in discussione tutti”, si è tuonato buttando per aria la cenere per cospargersi il capo, àl termine di un carnevale che durava ormai da anni e in aria di quaresima.

Appare tuttavia un po’ sospetto che si sia immediatamente deviato il discorso sulla nuova pista, su costi, soldi che mancano e bla bla e bla bla. Come dire, sappiate che noi vogliamo cambiare direzione alle cose, ma senza la pista non si fa niente. E se poi andasse a finire che a pagare il conto sia ancora una volta il settore giovanile? I soldi vanno investiti prima di tutto nella pista, i cui costi del progetto continuano a lievitare senza soluzione di continuità. Mentre i finanziamenti sono praticamente poco oltre quelli pubblici per smantellare la vecchia Valascia.

L’Ambrì vuol darsi un futuro ma continua a immaginarselo senza tenere conto del presente e soprattutto senza costruire nel presente quello che sarà il futuro. La pista servirà alla prima squadra, che si vorrebbe formata da sempre più giovani cresciuti in casa. Ma si investe sempre meno sulla loro formazione, nascondendosi dietro il progetto Biasca che funziona, ma che a sua volta va sostenuto con i giovani.

Si dice che la pista nuova potrà finanziarsi da sola. Ma di fatto potrà sopravvivere solamente se andrà in porto il progetto ben più ambizioso degli investitori kazaki, magnati del gas, che hanno acquistato il Sanatorio per farne un’Accademia internazionale di hockey. Un’Accademia che non sarà per i giovani ticinesi (costi di iscrizione riservati a milionari) ma che avrà bisogno di parecchio ghiaccio. Ma, se andrà in porto, questo progetto sarà realizzato sicuramente ben dopo il 2020.

La vera soluzione economicamente sostenibile per l’Ambrì Piotta sarebbe quella di costruire il nuovo stadio verso Bellinzona. Costerebbe meno, sarebbe più facilmente finanziabile e sul piano sportivo permetterebbe ai giocatori di allenarsi vicino a casa, a gran parte dei tifosi di accorciare le trasferte.

Parecchi sono infastiditi da questa prospettiva. Si perderebbe l’identità di squadra di montagna (vero), ci si allontanerebbe dalle radici della storia di questo club (vero). Tuttavia, se questa dovesse essere la soluzione che più di ogni altra permetterà all’HCAP di averne ancora di storia, probabilmente anche i più recalcitranti arriverebbero alla fine a comprendere. Per il resto, non è più vero che l’Ambrì è un’azienda che fa vivere l’Alta Leventina. Intanto, lo spostamento dello stadio vicino all’autostrada finirebbe per uccidere i ritrovi pubblici superstiti, tanto più che rafforzando la ristorazione in pista già si andrebbe in quella direzione. Inoltre, soldi in Valle l’Ambrì ne lascia ben pochi, con i rifornimenti che arrivano da sotto il Ceneri o da oltre confine. Per quanto concerne la Valascia attuale, potrebbe tornare utile all’eventuale Accademia di cui sopra, e magari anche al settore giovanile.

L’Ambrì Piotta deve fare i conti con i tempi che corrono e con i costi che lievitano. Continuare cocciutamente a portare avanti progetti al di sopra delle possibilità reali e contro una logica conseguente (come insegnano questi ultimi disgraziati anni di gestione trallallero) non potrà che far rimanere la società con il fiato corto. Finché non ci sarà più ossigeno.

Scendere di qualche chilometro lungo il corso del Ticino (che si sbandiera “biancoblù”) permetterebbe probabilmente di scendere a meno compromessi da nodo scorsoio.

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