Lugano calcio in Europa, ma…

Merito al presidente Angelo Renzetti che ci ha creduto, che ha saputo scegliere l’allenatore giusto in un momento non scontato. Merito all’allenatore stesso, Paolo Tramezzani, che ha saputo compattare il gruppo e farlo rendere al massimo. Merito ai giocatori, che hanno realizzato in campo quanto preparato in allenamento. Merito al talento superiore di qualche giocatore, come Alioski, Sadiku e Mariani. Se il Lugano ha riconquistato un posto sulla scena internazionale per la prossima stagione lo deve all’amalgama di tutti questi ingredienti.

Senza nulla togliere a tutte queste componenti, non sfugge però a un’analisi appena più approfondita la considerazione che buona parte del merito di questo successo il Lugano lo deve al livello sempre più basso del campionato svizzero di calcio. Un campionato che a una giornata dalla fine conta solamente tre squadre con una differenza reti positiva: le prime due della classifica (Basilea e Young Boys) e la quarta classificata (il Sion). Le altre sette, compreso il Lugano che potrebbe concludere al terzo posto, hanno incassato un numero superiore di gol rispetto a quelli che hanno messo a segno.

Chi sta alla testa del calcio svizzero non può più ignorare questo progressivo deperimento che in gran parte è dovuto a scelte di Lega e Federazione nel nome di una presunta crescita sul piano internazionale. Una crescita che vale per la Nazionale, ma non certo per merito del campionato. Restringere la scena interna a poche piazze privilegiate ha tolto di fatto la possibilità di formarsi e crescere a un numero troppo grande di ragazzi, vistisi confrontati con una selezione precoce fatta nei modi di paesi che possono permetterselo per numeri ma insostenibile da noi. Sono nate sorti di “accademie” che sul piano interno non fanno altro che distruggere i settori giovanili (vedi Team Ticino) e allontanare i giovani dal calcio perché è un calcio che non permette più loro di sognare. I giocatori svizzeri che escono da queste scuole non portano nulla al campionato svizzero, perché le poche decine che hanno i numeri se ne vanno all’estero molto presto. E d’altra parte le venti squadre di Lega Nazionale sono composte per lo più da stranieri giovani in cerca di una vetrina o da scarti di altri campionati.

L’esclusione graduale delle periferie, l’esagerata richiesta di criteri economici improponibili hanno portato a una situazione paradossale. Da una parte diverse società abituate alle posizioni di preminenza devono spendere sempre di più per tenere il passo e tolgono questi soldi alla formazione. E allora arrivano i fallimenti o il rischio di caderci. Aprendo così la strada a realtà più piccole che dall’altra parte approfittano della frenesia altrui per godersi un po’ di gloria. Il Lugano in fondo è una di queste. Ma facilmente si rivelerà anche per i bianconeri una gloria effimera perché al momento di fare i conti occorrerà lasciare che i Sadiku e gli Alioski di turno godano dei frutti del loro talento.

In conclusione, il calcio svizzero al proprio interno può permettersi solo progetti a breve termine, fatta naturalmente eccezione per delle forze economiche come Basilea e Young Boys, il che potrebbe finire per soffocarlo. Il Lugano lo scorso anno si è salvato per il rotto della cuffia e quest’anno ha conquistato l’Europa. Ma fra un anno potrebbe tornare da dove è venuto, perché lo spazio di manovra è troppo esiguo. Ed è un peccato.

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